Finita la fase di apertura (dove si può giocare a memoria) e alcuni finali (dove si applicano meccanicamente delle regole), la scelta della mossa è uno dei problemi più critici per ogni giocatore di scacchi. Dopo l’analisi della posizione il giocatore ha un insieme di mosse candidate che derivano dalla sua visione scacchistica. Un insieme di mosse papabili di essere giocate. Come scegliere fra queste la mossa che giocherà?
Il giudizio delle candidate: il metodo Kotov
In una delle sue opere (Pensa come un grande maestro, 1971) Kotov esordiva con un’interessante descrizione di come il giocatore medio si confonda davanti a una posizione complessa. Ritenendosi capace di analizzare in profondità, egli (strada sbagliata):
- Analizza una mossa.
- Ritenutala insoddisfacente, passa a un’altra.
- Dopo diversi passaggi del tipo 2, ritorna alle mosse già analizzate (cioè alla fase 1).
- Visto che il tempo passa inesorabile, alla fine gioca una mossa nuova, non ancora analizzata! Ovviamente una mossa pessima.
L’analisi di Kotov è ironica e divertente e serve per introdurre il suo metodo, che, peraltro, non è molkto usato attualmente dai Grandi Maestri. Secondo Kotov:
- L’analisi della mossa deve essere condotta con calma e si deve arrivare a un suo giudizio definitivo.
- Se le mosse dell’insieme delle candidate sono tutte insoddisfacenti, è necessario analizzare le nuove mosse con altrettanta profondità delle precedenti.
Il primo punto è quello più difficile per il giocatore di medio livello. Se si perde fra i rami della variante, non saprà dare nessun giudizio e cercherà una mossa migliore perché semplicemente più sicura. Se la posizione è complessa, alla fine ogni candidata sarà nebulosa e succederà quello descritto da Kotov.
In realtà l’esempio di Kotov prende in esame una posizione veramente complessa; nelle partite fra giocatori di media forza si notano invece errori piuttosto grossolani che, post mortem, risaltano immediatamente agli occhi dei giocatore che li ha commessi. Ciò significa che, più che una deficienza di calcolo, si tratta di una deficienza di metodo.
Prima ancora di perdersi nel calcolo, il giocatore medio si perde
- nella scelta delle candidate
- nella loro priorità.
Anche in possesso di un buon piano, il giocatore medio si perderà in un mare di dubbi:
- come lo porto avanti?
- Come contrasto l’avversario?
- Che minaccia posso portare?
- Da quale minaccia devo guardarmi?
- Meglio una mossa d’attacco o un consolidamento difensivo della posizione?
- Sono in vantaggio o devo giocare al massimo per il pari? Ecc.
Morale: come nell’esempio celeberrimo di Kotov, anche in posizioni tutto sommato semplici alla fine il nostro giocatore sceglierà una mossa magari nemmeno tanto analizzata, giusto per uscire dai suoi dubbi. Il risultato di una tale condotta di gioco, se non disastroso, è per lo meno casuale. In sostanza, il metodo Kotov potrebbe funzionare se il giocatore possedesse un’ottima capacità tattica e soprattutto avesse a disposizione un tempo infinito.
La dinamica
Nell’articolo sul piano moderno abbiamo visto che il concetto classico di piano è troppo ottimistico e dà per scontate posizioni in cui è abbastanza semplice elaborarlo; addirittura è abbastanza fuorviante. Si consideri questa posizione, una variante minore, ma non secondaria della Semislava.
B
Il Bianco ha giocato 7.b3; ora in quasi tutte le varianti il piano del Bianco dopo 7…0-0 è la spinta in e5, in tutte tranne che nella variante 8.Ae2! Infatti in tale variante dopo i cambi in e5, il susseguente cambio del Cavallo e5 nero con il Cavallo bianco in f3 porterebbe l’Alfiere in f3 in posizione veramente ideale. Morale: dopo 8.Ae2 è opportuno giocare 8…b6 e poi 9…Ab7 con partita posizionale.
Come si vede, bastano piccoli dettagli per cambiare l’esito di una valutazione. Addirittura i Grandi Maestri possono valutare diversamente una posizione a seconda che un pedone sia in a3 o in a4!
Queste considerazioni, la pratica dei tornei e i motori hanno innalzato l’importanza della tattica (e delle aperture, ma qui si dà per scontato che la fase d’apertura sia finita), in particolare del peso dinamico della posizione.
Già Dorfman (con il suo metodo) e Suba (con lo scardinamento delle regole tradizionali e l’importanza data al gioco dinamico) hanno messo in rilievo che “a un certo punto della partita” la statica deve cedere il posto alla dinamica. Nessuno vince una partita a scacchi con considerazioni statiche, prima o poi ci vuole una “rottura” dinamica, sia essa lo scacco matto, la cattura di un pezzo o la promozione di un pedone.
Purtroppo né Dorfman né Suba sono riusciti a elaborare un metodo efficace di scelta della mossa. Il metodo di Dorfman, di fatto, risulta troppo nebuloso e in definitiva complesso per poter essere applicato con successo da chi non lo applica già naturalmente.
Anche altri metodi (come lo SCAP) non sono sufficienti a guidare il giocatore nei meandri della posizione, anche se racchiudono in sé interessanti tentativi di fusione fra dinamismo e statica.
Il difetto di questi metodi è proprio il fatto che il giocatore non sa se applicare risorse dinamiche o statiche (la P dello SCAP) e alla fine si trova con troppe mosse candidate.
Il metodo SCAS supera queste difficoltà e porta il giocatore veramente a ottimizzare il suo potenziale strategico (con cui gestirà la parte statica della partita) e quello tattico (con cui gestirà la parte dinamica).
Scelta della mossa: da Kotov a Borgo
Il problema è che anche il metodo SCAS potrebbe portare a valutare più mosse contemporaneamente, a volte troppe.
Il MI internazionale G. Borgo ha sinteticamente elaborato alcuni consigli che integrano il metodo; innanzitutto ha ampliato il concetto di spinta pedonale in quello di minaccia (quindi SCAM). Questo potrebbe ampliare ulteriormente il numero delle mosse candidate. Che fare?
1- Quick scan – La prima cosa da fare è darsi cinque minuti (in una partita a cadenza normale) per quello che Nunn definisce quick scan. In questo processo si elaborano le candidate per rispettare la regola del 2 di Petrosian: in moltissime posizioni sono al massimo due le candidate che ha senso analizzare a fondo. Quindi nel quick scan si sceglie la priorità delle mosse, si eliminano quelle subito evidentemente meno “corrette”. In sostanza si pesano le candidate dando implicitamente una percentuale di affidabilità.
2 – Analisi delle rimaste/prioritarie fino alla posizione stop – Non si analizzano fino in fondo come diceva Kotov, ma fino a dove la complessità richiederebbe un incremento del tempo di calcolo eccessivo (cioè fino alla posizione stop di Soltis).
3 – Fino alla fine! – Se dopo la fase 2 resta più di una linea, a questo punto si ricalcola con precisione.
Non è raro (ma non avviene sempre!) che durante queste fasi ci si accorga di dettagli della posizione che possano eliminare immediatamente certe linee oppure introdurne altre.
Come si vede non è facilissimo, ma il concetto di quick scan e di posizioni stop fa in pratica eliminare moltissimi rami secchi.