L’ottimismo didattico è quel difetto della didattica scacchistica che:
- sovrastima una mossa, spesso attribuendo la vittoria (o la sconfitta) a essa
- sovrastima una mossa o un piano, ritenendoli gli unici possibili (i migliori) in una data posizione.
Con la prima generazione di software ci si limitava a controllare la tattica insita nelle posizioni; ciò però non era sufficiente a garantire analisi accurate, a meno che l’abilità strategica del giocatore non fosse a livello internazionale (diciamo oltre i 2600 punti Elo; come vedremo non era però una condizione del tutto sufficiente). Da qualche anno i software più forti sono in grado di suggerire varianti strategicamente corrette, ma soprattutto sono in grado di demolire quello che possiamo definire come ottimismo didattico. Nei libri di scacchi precedenti il 2008 ci sono moltissime posizioni che vengono commentate come “vinte” per una parte che ha seguito un certo piano. In realtà il computer mostra che è veramente ottimistico attribuire al piano il merito della vittoria che, nella stragrande maggioranza dei casi, è da attribuirsi a un grave errore della parte sconfitta.
L’ottimismo didattico, tipico da Nimzowitsch in poi, era motivato con la presunzione che la strategia fosse l’interpretazione più alta del gioco degli scacchi: il commentatore giustificava il suo lavoro mostrando che un certo piano, una certa regola, una certa disposizione dei pezzi ecc. erano superiori.
Ottimismo didattico nella scuola neoclassica
Il testo Lezioni pratiche per diventare Maestro di scacchi è un testo classico (pubblicato per la prima volta in Germania nel 1991; in Italia nel 1998), scritto da Dvoretzky, forse il più grande didattico degli scacchi, in collaborazione con Artur Jussupov, un giocatore in lizza diverse volte per il titolo mondiale. Se le linee generali del testo sono decisamente interessanti (ma basterebbe un articolo di poche pagine per riassumerle), le partite che vengono analizzate sono illuminanti esempi di ottimismo didattico. Qui porteremo alcuni esempi, ma in ogni partita è possibile trovare commenti ottimistici.
Nella Fedorov-Dvoretzky (1972), Dvoretzky asserisce che è necessario giocare subito 1.c5! in base al fatto che 1…dxc5 non è possibile per 2.Axc5 e la Torre non può andare in f7 per il doppio in d6 (se il Nero avesse il Re in h8 sarebbe possibile spostare la Torre in g8) e critica la mossa 1.b4 del Bianco perché troppo lenta.
B
Secondo i motori il commento di Dvoretzky è giusto a metà: 1.c5 è sicuramente interessante, la mossa più forte (fra l’altro il Nero può dare la qualità con 1…dxc5 2.Axc5 Dd5! 3.Axf8 Txf8 con parità), ma 1.b4 non è certo da punto interrogativo. Infatti dopo 1…Rh8 2.Rh1 Tg8, il Bianco ha diverse mosse fra cui la semplice 3.Dd3. Ecco il commento di Dvoretzky all’orribile mossa 3.Dd2?? del Bianco: “conseguente; avendo difeso il pedone d5 il Bianco si prepara a giocare c4-c5, ma non sta dedicando la minima attenzione alle possibilità del suo avversario”. Dopo 3…gxf3 4.gxf3 Axe4 5.fxe4 Dh3 il matto è forzato e il Bianco abbandonò. Sembra che Dvoretzky abbia dimostrato che l’attacco del Nero era così forte che non andava ignorato con una mossa come 1.b4. In realtà, i motori mostrano che dopo 3.Dd3 il Bianco può continuare a giocare per spingere in c5 senza temere nulla (ora su 3…gxf3 la semplice 4.Df3 spegne ogni velleità)!
Un altro esempio di ottimismo didattico contenuto nel libro è l’analisi della partita Karpov-Jussupov (Mosca 1983); il Nero gioco un’orribile trentesima mossa (30… Cf5?) perse un pedone e poi la partita. Jussupov non si rassegna a un ridimensionamento della strategia e ritiene la partita persa solo perché non è riuscito a trasferire il suo Cavallo nella casa c4.
L’ottimismo didattico scambia vantaggi/svantaggi con il controllo della situazione, in genere realizzato tramite la riuscita di un piano.
Se poi si perde lo stesso, ecco che scatta la giustificazione che… il piano era sbagliato!
Nel commento di Jussupov c’è tutto il limite della vecchia scuola:
- esagerata importanza alla strategia
- esagerata importanza del piano che permea tutta la partita (un piano può anche essere cambiato!)
- esagerata influenza della psicologia del soggetto (Jussupov sentì la pressione di Karpov come eccessiva e finì con lo sbagliare).
Sostanzialmente tutto si riassume nel bisogno di sentirsi con il controllo degli eventi, una situazione che rimuove l’ansia e dà sicurezza. Ovviamente tutto ciò con una corretta valutazione scacchistica nulla c’entra.
Un altro difetto dell’ottimismo didattico è di ritenere che in una certa posizione solo una mossa è strategicamente possibile. Ciò può essere vero, ma, soprattutto nelle posizioni tranquille, un tale atteggiamento è troppo critico e fa perdere troppo tempo. Nella Khakpoor-Dolmatov (Graz 1978), Dvoretzky riporta una nota di Dolmatov dopo 12…Ad7: “una normale mossa di sviluppo. Ma non era più forte 12…b6, cercando di collocare più attivamente l’Alfiere e di prendere il controllo della grande diagonale?”.
N
Il motore non solo dà le due mosse più o meno equivalenti (considerando la posizione pari; 0,11 di svantaggio al Nero dopo Ad7 e 0,22 di svantaggio dopo b6), ma considera a loro equivalenti anche 12…Cbd5, 12…Da6 e 12…Td8 che Dolmatov nemmeno aveva considerato. Si potrebbe discutere per ore se un decimo di pedone può far giudicare una mossa migliore di un’altra, ma è indubbio che le partite si perdono per errori molto più gravi… a meno di non essere a livelli mondiali! In altri termini, l’approccio all’analisi dei grandi campioni è del tutto insufficiente per ogni giocatore con Elo inferiore ai 2400 punti Elo perché di fatto sottintende un errore di priorità: un giocatore dilettante deve prima imparare a non fare gravi errori, nelle sue sconfitte ce n’è sempre almeno uno!
Ottimismo didattico nella scuola “senza regole”
Ecco un esempio tratto da Suba-Sax (Hastings 1983/4), Watson (Un secolo di scacchi) esalta il gioco del Bianco come stupendo esempio di gioco senza regole. In realtà, la sconfitta di Sax è dovuta a un grave errore e non alla nona mossa che Watson boccia senza appello.
Dopo 1.c4 c5 2. Cf3 Cf6 3.Cc3 d5 4.cxd5 Cxd5 5.e4, Suba si “dimentica” delle regole e lascia un grave buco in e4 che porterà alla perdita dell’arrocco; come se non bastasse il pedone d è arretrato su colonna aperta!
N
Se è vero che 5.e4 è giocata, lo sono di più le logiche 5.d4 e 5.g3.
Dopo 5…Cb4 6.Ac4 Cd3+ 7.Re2 Cf4+ 8.Rf1 Ce6, il Nero ha impedito d4 e il Bianco deve trovare un piano aggressivo, se vuole giustificare la sua condotta “creativa”. Quando la variante ebbe il suo momento magico i computer erano ancora stupidissimi e solo l’analisi umana poteva dare un verdetto. Logico che la mossa 9.b4!? potesse ottenere buoni risultati. Sentite cosa dice Watson: “Alla lunga, qualcuno capì che il Nero, rifiutando il gentile omaggio del Bianco e sacrificando a sua volta un pedone, avrebbe potuto guadagnare un tempo essenziale, continuando così a impedire la spinta in d4: ecco dunque la novità 9…g6!”. Bene, premesso che il Bianco poteva giocare 5.d4, senza doversi complicare la vita, il computer ora impiega pochi minuti a suggerire 9…g6 (addirittura propone anche 9…g5) in alternativa a 9…cxb4 (che comunque non è perdente). Suba comunque giocò 9.Ce5!?
N
Sax replicò con 9…Dd6? che Watson bollò con un ? definitivo, preferendo la mossa poi scoperta da Timman 9…g6!.
In realtà sia 9…Dd6 sia 9…g6 sono buone e Watson si lasciò rapire dall’ottimismo didattico, scambiando l’esito della partita come inappellabile condanna di 9…Dd6. Infatti la partita proseguì con 10.f4 Cc6 11.Da4 Ced8? (questo è l’errore che Watson non nota) e il Nero perse velocemente dopo 12.d4! cxd4 13.Cb5 Db8 14.Cxd4 f6 15.Cdxc6 bxc6 16.Af7+ ((1-0).
Dopo 11…Ad7 12.Cb5 Db8 sembra che il Bianco non abbia di meglio che 13.Cxd7 Dxf4+ 14.Rg1 Dxe4! con gioco complesso, ma equilibrato.