Uno dei concetti più promettenti per il miglioramento negli scacchi è quello di pattern. Senza voler reinventare l’acqua calda, per introdurlo userò come traccia un articolo scritto da Silman per chess.com. Vediamo i punti chiave sottolineati da Silman.
- Un pattern può essere una situazione tattica o la disposizione di pezzi e /o pedoni che capita frequentemente nella pratica.
- Particolare importanza hanno i pattern relativi alle strutture pedonali.
- Possiamo imparare a gestire i pattern semplicemente vedendoli più volte (parola d’ordine fondamentale: ripetizione).
Silman analizza il primo punto con i classici esempio del matto affogato o di quello del corridoio. Fin qui nulla da eccepire, essendo possibile trovare decine di pattern classici. Molti matti presentati nell’articolo Combinazioni di matto sono riconducibili a pattern, cioè a una particolare disposizione dei pezzi.
Le difficoltà incominciano a porsi quando in noi si frantuma la fiducia nell’avverbio “frequentemente” citato da Silman. In moltissime partite non troviamo i pattern che abbiamo “memorizzato”; a volte sono solo il frutto finale di una lunga sequenza di mosse (peraltro non forzata) che, all’inizio, non ci permetteva assolutamente di vedere il pattern.
Il tutto poi è facilmente dimostrato dal secondo punto. Silman introduce una struttura pedonale e, trattandola strategicamente, ci dice cosa si dovrebbe fare in essa. Tutto affascinante. Peccato che il lavoro di Silman è stato portato avanti in maniera più approfondita da Rios nel suo testo sulle strutture pedonali (Chess Structures: A Grandmaster Guide). Rios mostra chiaramente che si possono dare indicazioni generali, a partire dalla struttura; in teoria un qualunque giocatore di categoria nazionale riesce ad apprenderle; negli esempi Rios mostra che tali indicazioni sono però mal gestite persino da Grandi Maestri che sbagliano il tempo di applicazione (o sotto/sopravvalutano) di questo o quel concetto. In altri termini “so che qui la spinta in d5 è fondamentale, ma l’ho fatta al momento sbagliato!”. Sintetizzando, la perfetta conoscenza del pattern aiuta, ma non fa diventare un giocatore con Elo di 2000 un Grande Maestro perché comunque la parte dinamica della partita (cioè la gestione e l’evoluzione del pattern) richiede comunque un’abilità tattica che il 2000 non ha.
Appare infine chiaro che il terzo punto di Silman è veramente ottimistico. L’analogia con il basket dove il giocatore passa ore a esercitarsi a canestro (come il giocatore di scacchi dovrebbe esercitarsi a riconoscere pattern caratteristici) è fuori luogo. Infatti nel basket il tiro è sempre lo stesso, quello che il giocatore deve apprendere è la tecnica che, diciamo, è unidimensionale: deve semplicemente imparare con la più alta percentuale possibile e replicare il meccanismo che lo ha portato a fare canestro. Non a caso, nel tiro i giocatori di basket si differenziano solo per la percentuale. Può capitare che una schiappa come il sottoscritto (che non è andato mai oltre i tornei amatoriali) possa battere in una gara nel tiro da 3 anche giocatori di serie A: come giustamente osserva Silman, è solo questione di passare ore a tirare e si finisce per “azzeccarci”.
Negli scacchi il discorso è molto più complesso, non esiste un pattern (“come tirare a canestro”), ma centinaia, probabilmente decine di migliaia, per cui è ottimistico far credere che basti impararne qualche decina per migliorare decisamente.
Si pensi alla posizione (con il Nero) del pedone avvelenato, con la Donna in b6 che può prendere in b2. Non c’è un pattern, ma ce ne sono decine dove la posizione degli altri pezzi e dei pedoni contano e sono alla base del giudizio finale.
Quanto sopra detto è ampiamente dimostrato da siti di allenamento alle posizioni come Chess Tempo. Ci sono giocatori che hanno provato migliaia di posizioni e hanno ancora Elo molto bassi. Si potrebbe pensare che siano “incapaci di imparare”, ma basta fare un po’ di esercizi per capire che posizioni simili al 90 e passa percento si risolvono in modo completamente diverso, a causa magari di un solo pedone o di un solo pezzo leggero in posizione differente.
Sicuramente quindi l’analisi di pattern può aiutare, ma non deve portare all’ottimismo di ricondurre la complessità tattico-strategica degli scacchi a poche decine di posizioni caratteristiche.
Un articolo di Vik Hansen, approfondisce quanto detto sopra, dapprima facendo un po’ d’ironia sulle affermazioni dell’autore del testo (Improve Your Chess Pattern Recognition, van de Oudeweetering, 2014), che sembrano fatte apposta per promuovere il libro. Poi Hansen cita dati inoppugnabili: Nature (Amidzic, Elbert, Fehr, Riehle & Wienbruch, 2001: 603) ci informa che i Grandi Maestri imparano circa 100.000 pattern e che è proprio la familiarità con questo gran numero di pattern che distingue il grande Maestro dall’amatore. Tornado a Chess Tempo, può capitare che uno delle decine di migliaia di esercizi presenti nel database sia riproposto a distanza di tempo; poiché si tiene conto delle precedenti risposte dell’utente, in alcuni casi si scopre che l’utente ormai non sbaglia più (il pattern è stato memorizzato), altre volte le soluzioni giuste e quelle sbagliate si alternano (il pattern è ancora indigesto).

Muove il Bianco. Un pattern classico: 1.Axh7+ Rxh7 2.DxTf8 e il Bianco ha guadagnato la qualità
Hansen ovviamente non prende per oro colato il dato di 100.000 pattern, può essere inferiore o superiore, come può essere poco o tanto il tempo che un giocatore impiega per metabolizzare un pattern. Facendo un po’ di conti, Hansen ci mostra che ci vogliono 27 anni per memorizzare 100.000 pattern alla media di 10 al giorno. Evidentemente Grandi Maestri 15-enni o ne memorizzano più di 10 al giorno (cosa ragionevole se sono full time sugli scacchi) oppure a loro ne bastano meno di 100.000 (per esempio sanno memorizzare quelli effettivamente utili), anche se l’ordine di grandezza non cambia.
Il punteggio Elo di un giocatore di scacchi
Attualmente si può pensare che, per i giocatori fra 1000 e 2800 punti Elo, i pesi dei fattori più importanti che entrano nella valutazione siano i seguenti:
- Aperture: 0-400 punti
- Strategia: 0-400 punti
- Finale: 0-200 punti
- Tattica: 0-800 punti
La giustificazione di questi dati (veramente deludenti per chi ragiona in modo classico) si trova nell’articolo Didattica scacchistica (e Il finale moderno).
Come si vede, la tattica è quella che penalizza maggiormente chi aspira a un punteggio alto perché, di fatto è quella che conta di più. Se vale la teoria dei pattern sopraesposta e che si debbano assimilare 100.000 pattern per guadagnare 800 punti Elo di tattica, appare evidente che l’amatore che dedica poco tempo agli scacchi rimarrà molto lontano dai valori di MF, MI e GM.
Cosa vuol dire assimilare un pattern? Significa che, se rivisto con la memoria a medio-lungo termine (quindi dopo un periodo di tempo non breve), viene automaticamente risolto.
Qualunque giocatore di categoria nazionale, anche se smettesse di giocare per un anno, vedrebbe subito un banale matto del corridoio con pochi pezzi in gioco.
L’assimilazione di un pattern avviene per “incontri successivi” con il pattern. In altri termini, può essere necessario vederlo una volta, due volte, dieci volte. Il numero di volte dipende:
- dal talento del giocatore (Carlsen assimila più velocemente di un comune mortale)
- dalla concentrazione con cui avviene l’incontro (un conto è vedere il pattern durante una partita di torneo e un conto è veederlo distrattamente su una rivista mentre si pensa al lavoro o ad altro).
- dalla motivazione/determinazione (un conto è il ragazzino che sogna di diventare GM e un conto è l’amatore che gioca a scacchi per hobby)
I tre punti sopraccitati spiegano perché molti giocatori, pur dedicando molto tempo agli scacchi, non fanno grandi progressi. Ricordo che anni fa al circolo un giocatore perdeva sempre senza compenso il pedone e5 della Spagnola (con il Nero); vero che era un principiante, ma era anche laureato in matematica: evidentemente la sua velocità di assimilazione del pattern corrispondente era molto bassa e, se per un bambino futuro GM sarebbe bastata una volta, per lui probabilmente ce ne volevano 50!