Il finale è forse la sezione della partita a scacchi la cui valutazione è più cambiata dopo l’avvento dei motori scacchistici. Se ai tempi di Capablanca lo studio del finale era ritenuto fondamentale, oggi ci sono autori (Barletta) che provocatoriamente pubblicano articoli dal titolo Studiare i finali fa solo male.
Fino a qualche decennio si pensava che fosse possibile codificare i finali in modo da gestirli quasi automaticamente. Purtroppo, ogni sforzo è fallito e i manuali sono rimasti pieni zeppi di cervellotici esempi che richiedono ore (e spesso giorni) di analisi per essere risolti da un umano.
In effetti, il motore che uso alla profondità di 21 semimosse è in grado di giocare oltre i 2.800 punti Elo, ma molti studi riportati nei manuali non sono risolti che a profondità decisamente superiori. In sostanza i motori cosa hanno mostrato?
- I manuali sui finali sono infarciti di studi, a riprova del fatto che le partite giocate vengono risolte molto prima del finale o che il risultato teoricamente corretto non è raggiunto semplicemente perché gli errori da entrambe le parti fanno giungere al risultato che “appare” più probabile anche a un esame molto sommario.
- Gli studi proposti possono essere risolti solo in virtù di una capacità di analisi che in partita non è umanamente possibile avere. Anche le regole generali, senza capacità di analisi stratosferica, spesso falliscono.
- Nelle partite reali la stanchezza e il poco tempo a disposizione provocano gravi errori anche da parte di fortissimi giocatori, a riprova del fatto che lo studio non è stato in grado di rendere “automatico” il trattamento del finale.
Per chi non fosse ancora convinto del ridimensionamento dell’importanza del finale, basta citare la miriade di giovanissimi (molti under 12) che arrivano a battere attempati e scafati giocatori amatori che hanno speso ore e ore sui libri che trattano i finali. Questi giovani hanno fatto delle nozioni strategiche di base, ma soprattutto della tattica (appresa con ore di gioco in Rete) il fulcro del loro valore scacchistico, dopo (eventualmente) aver studiato i finali elementari in pochi giorni.
La strategia nel finale
Hawkins ha elencato quattro punti che definiscono la strategia nel finale:
- Promuovere i pedoni passati
- Attaccare la struttura nemica
- Migliorare la struttura pedonale
- Bloccare i pedoni passati.
I quattro punti sono corretti, ma decisamente vaghi e dimostrano la difficoltà di rendere “automatico” lo studio di gran parte dei finali.
Le opere precedenti
Prima di arrivare alla definizione di finale elementare, vediamo le opere analizzate per arrivarvi.
- Cosa bisogna sapere sui finali – Averbach
- Il manuale dei finali – Dvoretzky
- Da amatore a MI – Hawkins
- I 100 finali elementari …che tutti dovrebbero conoscere – de la Villa
Averbach – A conferma generale dei tre punti sopraccitati c’è il fatto che uno dei libri ancora oggi più venduti è il vecchio Cosa bisogna sapere sui finali di Y. Averbach (1979), un libricino che ha intuito quanto detto in questo articolo oltre 40 anni fa. Purtroppo, il testo di Averbach è carente didatticamente, mischiando esempi elementari (peraltro non sufficientemente regolamentati) con altri decisamente più complessi. Inoltre, riguardo ai finali elementari, non è certo esaustivo.
Dvoretzky – Recentemente Dvoretzky ha cercato, con il suo Il manuale dei finali, di evitare la classica trattazione per niente pratica e il suo testo deve considerarsi un miglioramento fra le opere del settore, moltissime delle quali praticamente inservibili. Tuttavia, anche il manuale di Dvoretzky riporta esempi inutili perché a tavolino mai si saprebbero gestire e potrebbe essere ridotto almeno a un terzo dell’informazione. Il giocatore di medio livello vi si perde e probabilmente anche qualche Maestro Internazionale.
In sostanza Dvoretzky non ha compreso che i finali complessi sono quelli dove le regole generali sono talmente generiche che non servono a nulla se l’abilità tattica dello scacchista è deficitaria. Praticamente:
nel caso di finali complessi non si possono dare regole generali e l’abilità tattica del giocatore continua a prevalere.
Hawkins -Il titolo del testo di Hawkins è decisamente fuorviante perché illude che si possa diventare MI (Maestro Internazionale) semplicemente dando una grandissima importanza al finale. Ne vengono studiati diversi, da elementari a molto complessi. Si può dire che è un Averbach molto più dettagliato, ma il giocatore medio continua a essere impotente di fronte a finali che potrebbero mettere in difficoltà persino un Grande Maestro. Il plus del testo di Hawkins è la grande capacità didattica sui finali elementari mostrati.
de la Villa – Per capire l’inutilità dello studio dei finali complessi (per quelli elementari bastano qualche decina di pagine) partiamo dal testo del GM Jesus de la Villa (I 100 finali elementari …che tutti dovrebbero conoscere). Anche questo testo è moderno nel senso che chiarisce subito che i finali da conoscere sono tutto sommato pochi. L’interessante sono però i dati che de la Villa porta a conoscenza del lettore. Quante sono le partite che arrivano al finale? Confrontando un database di 4 milioni di partite, de la Villa ci dice che i finali complessi sono il 20%.
De la Villa esamina anche i finali elementari, quelli che costituiscono i classici capitoli dei libri sui finali, per esempio Torre e pedone contro Torre. Sono solo il 3% dei casi. Evidentemente si passa dal 20 al 3% considerando che, quando un finale complesso (per esempio Torre e quattro pedoni per parte) è chiaramente vinto, la parte debole abbandona.
Supponiamo che il nostro giocatore da 2.000 punti Elo (che quindi conosce i finali di base, cioè ha letto e studiato quelle poche decine di pagine sui finali di base) sia sostituito da un Grande Maestro fortissimo nei finali quando la partita arriva appunto nel finale.
Il Grande Maestro patterà finali inferiori pari e vincerà quelli superiori. Inoltre, potrà capitare che riuscirà anche a vincere finali inferiori. Diciamo che su 2 finali farà almeno 1,75 punti.
Il nostro 2000 Elo opposto ad avversario di egual valore probabilmente farà 1 punto. Poiché 2 finali si verificano (ricordiamo il 20% di de la Villa) ogni 10 partite circa, su 10 partite al massimo la differenza sarà di 0,75 punti.
Se il nostro 2000 Elo gioca con un suo pari valore, su 10 partite farà 5 punti. Grazie all’intervento del GM farà al massimo 5,75 punti. Ora, il 57,5% equivale a una differenza Elo di circa 50 punti Elo. Anche ammesso che il GM vinca tutti i finali il punteggio su 10 partite sarà 6 e la differenza Elo sarà di circa 70 punti.
Questo è il peso di una conoscenza somma dei finali rispetto a una conoscenza basilare. Fra l’altro tale abilità deve comunque dare per scontata l’abilità tattica di un GM, cosa che lo studio di tantissimi finali automaticamente non dà.
L’opera di de la Villa considera 100 finali “che si devono conoscere”. Il numero è il limite dell’opera; per arrivare a un numero “importante” sono stati inseriti anche finali che elementari non sono, che richiedono comunque pagine di analisi che di fatto sono in controtendenza con il titolo. Si consideri per esempio il finale 87: Re e due pedoni contro Re e pedone, quando la parte forte ha i pedoni di Cavallo e di Torre e la parte debole quello di Torre.
B
de la Villa vi dedica 6 pagine e Hawkins molte di più; appare subito evidente al giocatore medio che il finale è complesso e non può essere giocato in modo totalmente automatico. Queste le conclusioni a cui giunge de la Villa (la parte forte è qui il Bianco):
- Il Bianco deve mantenere i suoi pedoni nelle case di partenza (almeno uno di essi).
- Se il Bianco raggiunge la sesta e uno dei suoi pedoni è ancora sulla seconda traversa, il finale è vinto.
- Un pedone g in g4 può essere un ostacolo nel raggiungere la casa obiettivo del Re Bianco h6 perché il Nero può giocare h7-h6 al momento opportuno; il Bianco dovrebbe tenere il pedone g piuttosto che quello h sulla seconda traversa.
- Se il Bianco ha mosso entrambi i pedoni, la partita è patta se il Nero ha ancora il pedone in h6.
- Tuttavia, se il Bianco ha entrambi i pedoni sulla seconda traversa, tenere il pedone in h6 non aiuta. In questo caso il Nero dovrebbe avanzare il Re e, se il Re si mantiene sulla quarta traversa, spingere il pedone sulla stessa linea.
Come si vede, non viene data una chiara linea vincente (fra l’altro, la precisazione sull’importanza della casa h6 deriva da Hawkins perché de la Villa non mette bene in risalto l’importanza di tale casa per il Bianco).
Il finale è “facile”, solo se tocca al Bianco e i pedoni sono nella posizione del diagramma, ma cosa capita se tocca al Nero, se uno o due pedoni sono stati mossi (le combinazioni ragionevoli che danno le posizioni dei tre pedoni sono tante), se le posizioni dei Re non sono proprio le stesse? Si possono applicare le conclusioni di de la Villa, ma non certo giocare il finale in modo “automatico”.
Fra le tante, solo due meritano di essere considerate elementari. La prima è quella di partenza:
B
Il Bianco vince in tanti modi, ma il più veloce, quello elementare, è questo: 1.h3 Rg6 2.Rg4 Rh6 3.Rf5 Rh5 4.g3 Rh6 5.Rf6 Rh5 6.Rg7 h6 7.h4 e vince.
La seconda posizione consente al Nero di pareggiare facilmente perché il Re è riuscito a portarsi sulla (sua) quarta traversa.
N
1…h5 (altrimenti il Bianco aggira il Re nero) 2.Re3 (2.h3 h4=; 2.h4 Re5=) 2… Re5 3.g3 Rf5 4.h3 (4.Rf3 Rg5 5.h3 Rf5=) 4…Re5 e non c’è modo per il Bianco di progredire.
Finali elementari: quali sono?
I finali elementari sono quelli:
- Descrivibili in regole o piani generali.
- La cui applicazione completa e corretta è automatica, non richiede un’abilità tattica.
- Che hanno riscontri pratici nelle partite di torneo.
Non sono per esempio finali elementari:
- Torre e Alfiere contro Torre
- Donna contro Torre e pedone
- Torre e due pedoni contro Torre
- I finali di Torre con tre o più pedoni
- Alfiere contro Cavallo con un pedone sulla scacchiera
Anche se si possono indicare procedimenti generali, non si è in grado di “automatizzare” il gioco e solo posizioni molto evidenti si giocano “senza pensare”. Per esempio, nei finali di Donna contro Torre, la parte debole cercherà di costruire una fortezza. Sentiamo cosa dice Dvoretzky: “a volte per avere ragione della difesa avversaria, è necessario giocare con estrema precisione per 20-30 mosse di seguito”. L’unica posizione veramente elementare è quella di Ponziani (1782) che si ha in quei casi in cui la Torre può continuare a dare scacco fino a infilare Donna e Re, eventualmente salvandosi con lo stallo.
N
1…Th7+ 2.Rg2 Tg7+ 3.Rf3 Tf7+ 4.Rg4 [4.Re4 Te7=] 4…Tg7+ 5.Rf5 Tf7+ 6.Rg6 Tg7+ 7.Rh6 [7.Rf6 Tg6+!] 7…Th7+!=
In altri casi, è possibile definire sottoinsiemi di una sezione che sono elementari; è, per esempio, il caso di Alfieri di colore opposto quando la parte forte abbia due pedoni connessi.
Come esempi di “regole” di finali complessi si può citare il caso dei finali di Torre bilaterali (con pedoni su entrambi i lati). Aumentando il numero dei pedoni, diventa difficile dare regole generali che spesso comunque vengono disattese. Consultando i manuali sui finali si possono citare questi consigli.
- La regola di Tarrasch – Il miglior piazzamento della Torre è dietro al pedone. In attacco, la Torre si appresta a spingere il pedone, difendendo i propri pedoni nelle retrovie; in difesa serve per controllare l’avanzata del pedone attaccando i pedoni arretrati avversari.
- Attività della Torre – La Torre deve essere attiva, anche a costo di perdere pedoni o di peggiorare la posizione del Re.
- Attività del Re – Dopo la Torre, una buona posizione del Re migliora la posizione. Si possono citare due gravi lacune nella posizione di un Re: a) se è relegato sull’ultima traversa (con possibili reti di matto), b) se è tagliato fuori da una zona importante della scacchiera dalla Torre avversaria.
Come si vedrà i finali elementari sono pochi e occupano poche decine di pagine. Per gli altri finali appare più interessante conoscere il risultato in sé che i complessi piani che possono portare alla loro soluzione; sapere l’esito di un finale può aiutarci nel mediogioco a scegliere una linea piuttosto che un’altra.
Perché si devono studiare i finali
Il titolo di questo sottocapitolo sembra smentire quanto detto sopra. In realtà, quanto sopra affermato vale se la conoscenza del finale “non guida la partita”. In altri termini, per un giocatore molto tattico, che gioca varianti molto taglienti ecc. non avrà senso perdere ore e ore sui finali, ma per un giocatore “normale” conoscere i finali elementari (non certo quelli analizzati da Dvoretzky) e giocarli molto bene può servire nel mediogioco (e anche in apertura) per dirigere la partita su un terreno a lui favorevole. Con questa accortezza strategica il valore di 50-70 punti dato al finale può crescere fino a 200 punti (questo il succo dell’opera di Hawkins).