Questo articolo descrive le caratteristiche che deve avere un buon corso di scacchi e come devono svolgersi le lezioni di scacchi per un giocatore principiante.
Per essere concreti, occorre tener conto che chi si affida a un corso di scacchi si chiede come si possa progredire in questo gioco oppure come si diventi maestro di scacchi.
Gli elementi del corso di scacchi
Un corso di scacchi è come un corso scolastico qualunque; servono:
- un buon istruttore
- un buon materiale didattico
- la motivazione allo studio
- il tempo dedicato allo studio.
L’istruttore del corso di scacchi
Come esperto di corsa, so che nell’ambito del running le regole che valgono per i campioni non valgono per i comuni mortali. La riprova più evidente è che il libro maggiormente venduto sulla corsa è il mio, scritto da un atleta che non è mai stato un campione nemmeno a livello regionale, mentre libri di superatleti hanno riscontrato un’accoglienza piuttosto fredda nel pubblico.
Negli scacchi accade la stessa cosa: spesso le proposte di corso e i libri di scacchi prendono in esame giocatori molto forti e li confrontano con comuni mortali, arrivando a conclusioni che sarebbero corrette se la domanda iniziale fosse “come si diventa uno dei dieci più forti giocatori di scacchi del mondo?”.
Nella corsa amatoriale si scopre che il fattore che incide di più nell’ostacolo al progresso è il sovrappeso (fattore che peraltro a livello professionistico non entra minimamente, visto che tutti i professionisti sono “naturalmente” magri per la grande mole d’allenamento svolto); tipologie di allenamento, scarpe, integratori ecc. sono spesso molto poco rilevanti. Così negli scacchi uno dei difetti maggiori che l’istruttore possa avere è quello di proporre un corso che trascenda le capacità dello studente, spesso un principiante. Per esempio, la cosa peggiore è, durante la spiegazione di una partita, perdersi in dettagli che l’alunno non è comunque in grado di comprendere/apprezzare.
Il bravo istruttore cerca di eliminare i difetti maggiori dell’alunno, non di illustrargli le sfumature che solo giocatori molto forti sono in grado di vedere!
Il materiale didattico
L’istruttore dovrà comunque indicare del materiale di base, sia tradizionale sia online. Per esempio, Capire gli scacchi o la sezione Scacchi di albanesi.it (un vero e proprio corso di scacchi dove i vari articoli sono lezioni di scacchi per la fascia che va dal principiante ai 2000 punti Elo circa) sono utili strumenti didattici. Il materiale didattico dovrà comunque garantire che lo studente autodidatta (che quindi faccia a meno dell’istruttore) abbia tutto il supporto necessario.
La motivazione
Un corso di scacchi avrà tanto più successo quanto più lo studente sarà motivato, sia per scelta propria sia per il coinvolgimento che l’istruttore saprà innescare.
La motivazione è fondamentale per creare quell’esperienza scacchistica che è alla base di ogni miglioramento. Lo studente non motivato tenderà a commettere sempre gli stessi errori, non saprà riconoscere pattern già visti parecchie volte ecc.
Spesso, lo studente preferirà giocare piuttosto che studiare, un errore e una mentalità che l’istruttore dovrà cercare di correggere perché studio e gioco devono andare di pari passo.

Muove il Bianco – Matto in due (la soluzione in fondo all’articolo)
Il tempo
Il fattore forse più importante è comunque il tempo dedicato agli scacchi, un fattore che spesso i professionisti sottovalutano perché per loro è naturale dedicare tempo agli scacchi. Inutile poi credere che gli scacchi siano un gioco d’intelligenza, sono invece un gioco d’esperienza dove al più l’intelligenza è una condizione facilitante. Del resto, se prendiamo un genio che non ha mai giocato a scacchi, gli spieghiamo le regole e lo facciamo giocare, il suo livello di gioco apparirà comunque basso.
Va da sé che molti scacchisti che dedicano comunque tempo agli scacchi (per esempio una o due ore al giorno) raggiungono risultati tutto sommato modesti, al pari di quei runner che, in perfetto peso forma, continuano a essere lenti rispetto alla media della popolazione podistica. Un corso di scacchi e le sue lezioni sono tanto più produttivi quanto più il tempo dedicato agli scacchi è coerente con essi.
In altri termini, un corso per principianti può consistere in un paio di lezioni alla settimana e in 3-4 ore di studio: nel giro di qualche mese, l’alunno riuscirà a conseguire la “licenza elementare”.
Più risultati vuole dal corso, più il numero di lezioni (e il loro approfondimento) e le ore di studio aumenteranno; realisticamente, nel giro di un anno il giocatore potrà arrivare alle categorie nazionali.
Caratteristiche del corso di scacchi
Una volta superate le basi, cioè la perfetta padronanza delle regole e delle caratteristiche strategiche del gioco (fase che potrà al massimo riguardare 4-5 lezioni), ecco che il corso incomincerà a prendere in esame le quattro componenti classiche per gestire le quali è importante che sia l’istruttore sia l’alunno capiscano il valore soggettivo (cioè relativo allo studente) e oggettivo (l’importanza massima).
Genericamente, il valore da 1000 a 2800 punti Elo può essere scisso in varie componenti additive così valutate:
- Aperture: da 0 a 400 punti
- Strategia: da 0 a 400 punti
- Tattica: da 0 a 800 punti
- Finali: da 0 a 200 punti.
Così il vettore di un giocatore classico sui 2000 punti sarà per esempio 150, 250, 400, 150 (il giocatore conosce male le aperture -150 su 400-, decentemente la strategia classica -250 su 400-, non è tatticamente un mostro -400 su 800, ma conosce molto bene le regolette sui finali -150 su 200) mentre un giocatore sui 2400 punti può avere un vettore 300, 300, 600, 200.
Ogni giocatore ha un suo vettore che, mediando su tante partite, dà il suo valore attuale.
Corso di scacchi: il finale
Cominciamo con l’esame dei finali perché molti “classici” saranno stupiti della scarsa rilevanza del finale nel valore dello scacchista quando nel XX sec. i finali erano considerati praticamente la vera scuola per maestri. In realtà, il progetto di gestirli in modo automatico è decisamente fallito a causa delle numerosissime eccezioni che praticamente hanno reso impossibile la codifica di regole umanamente accettabili. I libri dei finali si sono ridotti sempre più di spessore e praticamente l’attuale libro dei finali di Dvoretzky, se fosse depurato di esempi praticamente ingestibili (ma inseriti solo per la vecchia tendenza a vedere il finale come qualcosa di artistico), non supererebbe le 200 pagine, metà delle quali dedicate a errori compiuti anche da campioni. Sono proprio questi errori che hanno dimostrato come le regole del finale siano veramente poche e alla fine quel che conta è l’abilità di calcolo.
In realtà, ormai molti giocatori di livello medio possiedono tutte le regole classiche, ma tali regole non sono certo in grado di farli uscire dalla mediocrità. Il motivo è che senza un buon livello tattico le regole si rivelano insufficienti a gestire una grande percentuale delle posizioni di gioco che sono molto più complesse delle “posizioni ideali”.
Per un approfondimento, si veda Finali elementari.
Corso di scacchi: la strategia
Il secondo ridimensionamento della didattica classica è quello della strategia. I temi strategici fondamentali si trovano in un buon libro di scacchi e, bene o male, sono ripresi da ogni autore con finalità magari leggermente diverse.
Per Silman gli elementi strategici sono quelli che concorrono a creare gli squilibri, la cui comprensione porterebbe a una valutazione della posizione e quindi alla scelta della mossa. In realtà, al giocatore medio resta del tutto nebuloso il peso dei vari squilibri e Silman non aiuta certo mostrando partite dove la parte forte genera uno squilibrio a lei decisamente favorevole, ma poi perde per imprecisioni tattiche!
Dorfman considera gli elementi principali della strategia classica come il quarto tassello del suo metodo, ma anche lui non è in grado di chiarire il livello di importanza del singolo fattore, data una posizione.
Nella sua polemica con Watson e Suba, Aagaard tenta di ripristinare i pilastri delle regole strategiche classiche, ma gli esempi che porta sono poco convincenti perché, di fatto, come osserva Suba, spesso gli esempi usati dalla didattica classica sono “didattici” perché c’è troppo squilibrio fra come gioca la parte forte e come gioca quella debole. Spesso poi si usa l’ottimismo didattico e il senno di poi per avvalorare tesi che alle profonde analisi dei motori scricchiolano.
Da ultimo, sempre i motori hanno mostrato che sono rare le posizioni strategicamente didattiche (quelle cioè in cui una mossa strategica, senza nulla di combinativo, è decisamente superiore) che non rientrano fra quelle che Suba definisce “scontate” che cioè sono lampanti anche per un giocatore di media forza.
Il corso di scacchi ideale per un giocatore che non supera i 2000 punti Elo dovrebbe perciò insistere sui concetti strategici di base, puntando maggiormente sui gravi errori strategici piuttosto che sulle grandi intuizioni strategiche tipiche dei Grandi Maestri.
Corso di scacchi: le aperture
Oggi si dà molto più peso alle aperture, ma spesso per il motivo sbagliato. Il professionista lo fa perché tende a sorprendere o comunque a mettere in difficoltà l’avversario (di cui tramite i database conosce i gusti e lo stile di gioco); questo valido motivo ha senso solo per giocatori sopra i 2300 punti Elo; per giocatori di Elo inferiore è molto difficile conoscere dai database l’avversario a tal punto da confezionare per lui un’apertura su misura che non si riveli magari un boomerang perché noi la giochiamo per la prima volta.
Il corso di scacchi dovrebbe evidenziare l’errore classico del giocatore medio che spende molto tempo sulle aperture per motivi invece spesso discutibili:
- trovare un’apertura vincente, cosa praticamente assurda, tipica della mentalità da caffè (il matto del barbiere!).
- Trovare un’apertura che consenta di studiare poco; obiettivo già più ragionevole, ma di fatto anche questo un boomerang perché alla fine ci si trova sempre di fronte a situazioni nuove che non si sa pienamente come gestire. Inoltre, aperture strane difficilmente sono decenti.
- Trovare un’apertura che si adatti al proprio stile di gioco; obbiettivo ancora più ragionevole, ma provarle tutte a un certo livello di profondità può portare a un notevole dispendio di tempo, spesso anni di elapsed fra l’inizio e la fine della ricerca, se si fanno pochi tornei e il tempo dedicato agli scacchi non è molto. Il compito dell’istruttore è proprio quello di orientare l’alunno verso le aperture a lui più congeniali, cioè permettergli di costruire nel minor tempo possibile un repertorio che si confaccia al nostro stile di gioco con varianti, magari non principali, ma che non vengano bocciate senza appello né dai motori né dalle statistiche di gioco dei database.
Va da sé che per un giocatore medio la conseguenza più importante della conoscenza delle aperture è
il guadagno di tempo sull’orologio
derivante da un lato dalla conoscenza dell’apertura, dall’altro dai piani tipici che portano poi al mediogioco. Per quest’ultimo motivo è importante studiare le strutture pedonali che conseguono dalle varie linee dell’apertura. Capiterà poi che la buona conoscenza dell’apertura porterà vittorie facili contro avversari mal preparati, ma questo non deve essere l’obbiettivo principale.
Corso di scacchi: la tattica
I motori hanno di molto esaltato il valore della tattica; dagli anni ’90 in cui i più incalliti sostenitori della strategia scacchistica sostenevano che mai nessuna macchina avrebbe battuto il campione del mondo a oggi quando i motori smontano tanti punti esclamativi dati con troppo ottimismo a questa o quella mossa, si è compreso che sicuramente la tattica ha un valore decisamente molto importante. Ricordo che nella prima partita di scacchi che vidi, un giovane maestro (Lanzani) distrusse un candidato con la peggiore apertura che esiste (1.f3 2.Rf2) a riprova che si può sapere tutto di strategia, ma se poi si lascia in presa la Donna…
Nella didattica classica la tattica viene insegnata con i temi tattici (attacco doppio, interferenza ecc.): praticamente tutti gli autori descrivono una ventina al massimo di temi che il giocatore dovrebbe riconoscere nella partita e invitano gli allievi a esercitarsi a riconoscerli.
Molto meno sistematicamente, già Lasker identificava in due fondamentali concetti (immobilità e allineamento) la genesi di ogni tatticismo. In effetti, i temi classici possono essere spiegati alla luce degli insegnamenti di Lasker, ma né gli uni né gli altri (personalmente trovo molto più istruttivo l’approccio di Lasker) sono riusciti a risolvere il problema di molti giocatori a livello amatoriale che continuano a commettere grandi sviste, anche con molto tempo a disposizione.
Poiché rientro nella categoria dei giocatori medi, sono andato alla ricerca del perché tatticamente un campione (diciamo almeno un Maestro Fide) vede molto più di un amatore. Sicuramente la maggiore esperienza conta, ma si evidenzia che, anche concentrando lo studio sulla tattica, il giocatore medio poi in partita migliora di veramente poco.
Per approfondimenti: Il colpo d’occhio tattico e Migliorare la capacità di calcolo.
Le lezioni
Considerando la gaussiana dei valori degli scacchisti agonisti da 1000 a 2800 punti Elo, si possono distinguere sostanzialmente tre fasce di gioco realisticamente ampie 500-600 punti Elo.
Le lezioni del corso di scacchi dovrebbero orientarsi a una ben determinata fascia. Va da sé che da 1000 a 1200 punti Elo l’unica preoccupazione del giocatore è di imparare bene le regole e le geometrie degli scacchi. Nella terza fascia, dai 2200 ai 2800 punti Elo, si dovrà essere in grado di colmare le lacune del giocatore e quindi definire un percorso generale.
Limitiamoci pertanto a esaminare le prime due fasce.
Prima fascia – La prima fascia va da 1200 a 1600 punti Elo; in essa si dovrebbe prestare attenzione (in ordine di priorità) a:
- Tattica di base (principi di Lasker: immobilità e allineamenti)
- Strategia di base con i temi strategici più importanti
- Studio elementare delle aperture (gioco 1.e4, 1.d4 oppure qualcosa d’altro?)
- Finali elementari di Re e pedoni.
In questa prima fase è sicuramente importante giocare, riuscendo a risolvere il dilemma delle aperture. A questo proposito ricordo l’aneddoto fra Gelfand e Grischuk. Un giorno, seriamente, Grischuk chiese a Gelfand come mai giocasse 1.d4, quando 1.e4 si deve considerare ovviamente più forte. Qualche anno dopo lo stesso Grischuk incominciò a giocare qualche volta 1.d4. Si era ricreduto? Più che altro aveva acquisito l’esperienza per poter giocare entrambe le aperture. Va da sé che un giocatore medio non può continuare a passare da un’apertura all’altra, l’unico risultato sarebbe quello di perdere un sacco di tempo, ritrovandosi sempre nelle condizioni di principiante.
La strategia può essere appresa studiando partite modello, tenendo comunque conto dell’insegnamento di Suba per cui nelle partite modello spesso la parte perdente ha giocato veramente male!
In questa, come nella seconda fase, si deve evitare la confusione dell’eclettico: guardarsi decine di partite di giocatori diversi solo perché sono forti non porta grandi miglioramenti alla propria caratura scacchistica. Anzi. Un corso di scacchi che mostra come Karpov o come Kasparov hanno trattato la Pirc può fare solo confusione, visto che i due giocatori hanno stili diversi. Per lo studente è meglio selezionare i modelli e riferirsi a esempi relativi alle sue aperture. Visto che il tempo a disposizione è tiranno, sicuramente non sarà difficile occuparlo tutto, ma almeno lo farà con la massima efficienza.
Seconda fascia – Dai 1600 ai 2200 punti; sempre in ordine di priorità:
- Metodo SCAS
- Strategia personalizzata sul giocatore
- Repertorio di aperture
- Esercizi di tattica
- Finali elementari con altri pezzi.
In questa seconda fase è importante non perdere tempo con opere monumentali sui finali.
Importante la strategia personalizzata che consiste da un lato nell’approfondire lo studio della strategia con partite di forti giocatori affini al proprio stile di gioco e partendo dalle proprie aperture, e dall’altro in un’analisi molto sofisticata della strategia delle proprie partite, per scoprire i propri punti deboli. Questa fase dovrebbe essere condotta con l’ausilio di un istruttore con almeno 300 punti Elo in più.
Se si rilegge il percorso non è difficile capire che ostacoli ai nostri progressi sono:
- La mancanza di uno studio coerente e completo. Si può implementare con un libro come Capire gli scacchi o con un ottimo istruttore. Purtroppo, molti giocatori si limitano a leggere più o meno distrattamente i libri di scacchi orientati all’apprendimento delle basi, preferendo libri avanzati o specifici, magari solo sulle aperture o sui finali. Per lo studio è poi fondamentale esercitarsi in centinaia di esercizi di tattica (cosa che con i vecchi supporti cartacei era molto onerosa; chi non si affida ai moderni siti di tattica è decisamente penalizzato).
- Uno scorretto approccio alle aperture (per esempio la scelta di aperture dubbie per studiare di meno) e/o ai finali (tipico il caso di chi prende un libro sui finali e non lo termina mai, riprendendolo più volte o usandolo solo per verificare casi che gli sono capitati).
- Discontinuità. Gli scacchi sono un gioco, ma anche uno sport e, come tale, se si smette, si perde parte della propria forza. Realisticamente non giocare per un anno o più fa perdere anche 200 punti Elo. La buona notizia è che è possibile rinfrescare velocemente la propria forza di gioco, ma se la carriera del giocatore è un susseguirsi di periodi di gioco e di periodi di sosta, non è difficile capire che resterà sempre allo stesso livello.
- Se un comune mortale (cioè non straordinariamente dotato) dedica agli scacchi 4-5 ore alla settimana (fra studio e partite), realisticamente non andrà oltre i 2000-2100 punti Elo. Ciò spiega perché molti amatori non migliorano molto, pur essendo continui.
- Come ultimo punto si deve citare la carenza agonistica, cioè la scarsa partecipazione a tornei. Partecipare a un torneo all’anno non aiuta di certo i progressi.
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